Facciamo chiarezza sulle nostre trote!

Mille volte vi sarà capitato di pescare trote di diverso aspetto nello stesso fiume.
Chiaramente alcune sono il frutto di ripopolamenti che vengono effettuati da anni per cercare di mantenere vivi i nostri corsi d'acqua (che dovevano e devono lottare contro inquinamento, bracconaggio, padellari in regola, cormorani, prelievi idrici...).
Il problema è che soltanto negli ultimi anni si è sviluppata una sorta di etica nella scelta del pesce da immettere, infatti tempo fa si cercava solo di garantire ai pescatori un bottino record per il giorno dell'apertura, per poi vedere man mano il fiume svuotarsi e morire con il passare del tempo, fino al raggiungimento del giorno dell'apertura dell'anno successivo in cui venivano immessi di nuovo quintali su quintali di pesce senza effettuare tanti controlli su salute e bellezza del pesce, figuriamoci se si tentava di rispettare almeno in parte il fenotipo già esistente nel luogo.
Ora sinceramente non riesco a trovare il video visto un pò di tempo fa in cui negli anni '70/'80 una schiera di pescatori ad una distanza di circa 50 cm l'uno dall'altro cercava di portare a casa il maggior numero possibile di pesci e sfoggiava nasse stracolme quasi come per voler dimostrare agli altri la propria virilità, o non so quale tipo di supremzia
Guardando bene il filmato si notava la dubbia qualità del pesce: pinne inesistenti, livrea indecente e varie malformazioni che fanno pensare a tutto tranne che ad un pesce sano ed in grado di sopravvivere autonomamente nell'ecosistema in cui era stato immesso.

Finita questa specie di prefazione, vorrei quindi cercare di fare un pò di chiarezza (con l'aiuto del Fishery's Science Journal ) su cosa dovremmo e vorremmo trovare in linea di massima nelle nostre acque.

DISTRIBUZIONE ORIGINARIA DELLE POPOLAZIONI DI SALMONIDI NATIVI PER LE ACQUE ITALIANE

Fig. 1 – Trota Marmorata – Salmo mediterraneus marmoratus

Fig. 2 – Carpione del Garda – Salmo mediterraneus carpio

Fig. 3 – Carpione del Fibreno – Salmo mediterraneus fibreni

Fig. 4 – Trota Mediterranea Macrostigma – Salmo mediterraneus mediterraneus

Fig. 5 – Trota Mediterranea Fario – Salmo mediterraneus mediterraneus



La distribuzione naturale attuale dei Salmo nativi del territorio italiano prevede:
• 1 forma originata direttamente da un Salmo ancestrale anadromo che diviene residente (trota    mediterranea)
• 1 forma endemica del bacino padano differenziatasi prima delle ultime glaciazioni a partire dal  Salmo mediterraneo ancestrale (trota marmorata)
• 2 forme costituite da endemismi puntiformi originatisi a causa delle dinamiche dell’ultima  glaciazione (Carpione del Garda e Carpione del Fibreno)

La proposta qui avanzata di assegnare le popolazioni originatesi da un “Salmo mediterraneo” ancestrale alla specie Salmo mediterraneus ci induce a riconsiderare i nomi latini per le specie
italiane.
Tutte le forme italiane costituirebbero di conseguenza sottospecie di Salmo mediterraneus.
In quest’ottica la trota marmorata (Fig. 1), il carpione del Garda (Fig. 2) e il carpione del Fibreno (Fig. 3) apparterrebbero rispettivamente alle sottospecie S. mediterraneus marmoratus, S. mediterraneus carpio e S. mediterraneus fibreni.
Assegniamo la sottospecie nominale Salmo mediterraneus mediterraneus alla forma derivata direttamente dal Salmo ancestrale anadromo che ha originato popolazioni stanziali in tutto
il bacino mediterraneo, conservando, nonostante ciò, potenzialità anadromemigratorie.
Questa caratteristica ha fatto sì che la situazione distributiva di questa forma sia ancora dinamica e che, ogni qual volta si presentino condizioni chimico – fisiche dell’acqua favorevoli, si reinstaurino popolazioni anadrome che ricolonizzano il Mediterraneo e che mettono in contatto ciclicamente le popopolazioni precedentemente isolate nei tanti bacini idrografici maggiori e minori del Mediterraneo stesso, cancellandone le rispettive identità geografiche.
E’ evidente che facciano parte di questa sottospecie tutte quelle forme native che derivino direttamente dal Salmo ancestrale anadromo e che non abbiano originato, per isolamento, forme tipiche (per biologia, ecologia, morfologia e genetica) che conservino una caratterizzazione
geografica (così come le altre tre sottospecie italiane marmoratus, carpio e fibreni).
Tutte le popolazioni native italiane (esclusi i tre endemismi appena citati) appartengono alla sottospecie S. mediterraneus mediterraneus includendo nello stesso gruppo le popolazioni
di “fario” appenniniche e alpine (Fig. 4) e le popolazioni “macrostigma” del meridione, delle isole e dei territori planiziali dei versanti tirrenici ed adriatici (Fig. 5).
Anche in questo caso possiamo fare un paragone con la situazione sistematica e distributiva di alcuni salmonidi dei bacini pacifici del Nord America, che sono stati oggetto, così come quelli mediterranei, di ciclici fenomeni di isolamento e di ridistribuzione con più migrazioni successive durante il Pleistocene. In particolar modo rivolgiamo la nostra attenzione alla già citata “Coastal
cutthroat” assegnata alla sottospecie nominale O. clarki clarki. Così come sono stati, in passato, coniati numerosi nomi di specie per descrivere la plasticità fenotipica e biologica dei Salmo
dell’area mediterranea, anche nel Nord America la diversità locale delle “Coastal cutthroat” indusse molti studiosi a descrivere molte nuove specie.
C’è una diversità considerevole nei tratti morfologici e a volte genetici tra le singole popolazioni
di questa sottospecie, ma non ci sono “pattern” geografici per questa diversità (sia a livello di bacini idrografici, o regioni geografiche) che possa permettere in maniera logica di dividere il gruppo in sottospecie minori anche in un areale di distribuzione ampio come quello delle cutthroat costiere (Behnke 2002). La spiegazione di questo può essere data dal rimescolamento delle forme che è avvenuto durante e dopo gli ultimi periodi glaciali. In tutto il mediterraneo, il Salmo mediterraneus
ancestrale ha colonizzato a più riprese, capillarmente, i bacini idrografici favorevoli al suo insediamento, originando un insieme eterogeneo di popolazioni residenti, venute più volte in contatto, assegnabili alla sottospecie S. mediterraneus mediterraneus. Altre popolazioni nei periodi di isolamento hanno invece evoluto caratteristiche tipiche che hanno poi conservato la propria
identità geografica tanto da poter definirle come sottospecie diverse.


Mappa 1 – Areali di distribuzione originaria dei salmonidi nativi italiani

In definitiva in Italia (Mappa 1), oltre ai 3 endemismi già citati, è presente naturalmente, da nord a sud, un insieme di popolazioni (fenotipicamente variabili poiché adattate a condizioni ambientali
spesso molto differenti) appartenenti a S. mediterraneus mediterraneus.
La scelta di utilizzare il termine “mediterraneus” e non il termine “macrostigma” spesso utilizzato per indicare la Trota Mediterranea nasce dalla necessità di porre chiarezza nella sistematica delle trote mediterranee. Il termine “macrostigma” è tradizionalmente e universalmente legato al fenotipo “a macchie nere” e, nel contesto della nostra proposta, utilizzare questo nome per descrivere la Trota Mediterranea costituirebbe un ennesimo punto di confusione. Questo concetto di macrostigma è quello che ha anche portato erroneamente a separare le popolazioni native a punti rossi del nord dalle mediterranee a punto nero del sud. Il termine macrostigma verrà quindi da noi utilizzato nella sua accezione tradizionale di trota con maculatura solo nera. Nel nostro quadro, quindi, il termine verrà utilizzato per individuare il fenotipo a macchie nere di S. mediterraneus mediterraneus.

PLASTICTA' FENOTIPICA DI SALMO MEDITERRANEUS

La trota mediterranea (S. mediterraneus mediterraneus) può presentare due caratteristici ecotipi o fenotipi:
• “macrostigma” (punto nero)
• “fario” (punto rosso)



Questi due eco-fenotipi sono adattamenti a condizioni ambientali diverse.
Con buona approssimazione si possono disegnare i quadri ambientali all’interno dei quali la trota mediterranea evolve, come soluzione adattativa, in due diversi fenotipi.
La forma “macrostigma” è legata ad alvei con medio basse pendenze, a fondali ghiaiosi,sabbiosi e argillosi, alla presenza di macrofite, ad elevate temperature ( anche >22 - 24°C), basse concentrazioni di O2 (<6 ppm) e spesso si trova in comunità ittiche con ciprinidi reofili.
Il fenotipo “fario” invece è legato ad alvei con medie-elevate pendenze, a fondali ciottolosi e rocciosi, ad assenza di macrofite, a basse temperature (< 20 - 22°C) e ad elevate concentrazioni di
O2 (> 8 ppm).
Considerando macrostigma e fario come due adattamenti della stessa unità non si possono definire i limiti degli areali di distribuzione delle due forme.
E’ possibile, nonostante ciò, basarsi sulle preferenze ambientali dei due ecofenotipi per inquadrarne approssimativamente la distribuzione (Mappa 2).

Mappa 2 – Distribuzione originaria degli ecotipi “Fario” e “Macrostigma”
Laddove i sistemi idrografici interessati siano omogeneamente caratterizzati da acque fredde e ossigenate e da elevate pendenze sarà logico prevedere la presenza del fenotipo “fario”(torrenti
alpini).
Laddove, invece, vi siano ambienti con acque ad alta temperatura e presenza di macrofite è facile aspettarsi che predomini il fenotipo macrostigma.
Non sempre un bacino idrografico è caratterizzato da condizioni ambientali omogenee, più spesso vi è una successione progressiva per cui gli alti corsi presentano le condizioni ideali per lo sviluppo di una livrea “fario” e il basso corso presenta le caratteristiche adatte al fenotipo “macrostigma” (gran parte dell’Appennino). In altri casi ancora, nello stesso sistema idrografico si possono distinguere tipologie ambientali diverse che non si succedono con un ordine progressivo, non permettendo la
dominanza di un fenotipo o l’altro, con livree molto diverse, non solo tra popolazioni vicine appartenenti allo stesso sistema idrico, ma anche all’interno della stessa popolazione (Sardegna).

Da più di un secolo l’attività zootecnica di troticoltura intensiva presente sul territorio nazionale è imperniata sull’allevamento e sulla riproduzione di alcune specie appartenenti ai generi Oncorhynchus, Salmo e Salvelinus.
In particolare la trota iridea (O. mykiss) rappresenta la specie di riferimento nelle produzioni intensive, grazie anche alle relativa facilità delle tecniche di allevamento, destinata sia al mercato alimentare che a quello da ripopolamento di acque private e pubbliche.
Salmerini di fonte (S. fontinalis) e trote fario atlantiche (S. trutta) costituiscono produzioni “di nicchia” quasi esclusivamente per il mercato dei pesci da ripopolamento. La selezione operata dall’uomo nella ricerca del miglioramento delle performances produttive in particolare nel genere Oncorhynchus ha generato depressione della sfera riproduttiva ed un progressivo indebolimento fisiologico delle varietà allevate.
Il presente studio riporta dati e risultati sull’osservazione di caratteri fenotipici, morfologici
ed etologici e delle rese nei parametri produttivi e riproduttivi, come sinteticamente riportati in tabelle per ogni specie.
Nel corso dell’ultimo decennio in ambiente controllato si sono operate osservazioni su varie popolazioni di trote iridee e salmerini di varie specie comprese alcune linee ibride ottenute dall’incrocio di individui appartenenti a specie pure. Si è pure registrato l’adattamento e l’attitudine alla colonizzazione di ambienti naturali.





Spero che, scopiazzando qua e la, soprattutto su http://www.igiardinidellacqua.com sia riuscito a fare un pò di chiarezza, di essere stato utile e soprattutto di non aver detto ca...te!!!

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